
SALVATE 160 BALENE SPIAGGIATE IN AUSTRALIA
Sono state salvate le 160 balene che si erano arenate in Australia occidentale, a 150 km a sud di Perth. I cetacei hanno felicemente ripreso a nuotare al largo grazie alla gigantesca opera di salvataggio messa in atto dai circa 1.500 volontari accorsi da tutto il paese.
Le balene appartengono alla specie “pseudorca” delle balene nere o cosiddette “false balene killer”. Lo spiaggiamento di massa è stato uno dei più gravi mai registrati in Australia. L’ultimo di queste dimensioni era stato nel 1986 con 114 cetacei arenati nella stessa area, ma allora pochi furono gli esemplari salvati. Questa volta invece, grazie al frenetico sforzo dei volontari e dei rangers, solo una balena è rimasta morta sulla spiaggia.
Il branco, che ragioni ancora misteriose aveva perso l’orientamento, si era diviso in due, con 70 cetacei arenati in una spiaggia e altri 30 in un’altra a 800 metri di distanza. Altri 60 esemplari erano rimasti alcuni giorni indugiando pericolosamente vicino alla costa. Il locale Dipartimento della Conservazione del Territorio (Calm) aveva lanciato un disperato appello alla popolazione di recarsi sul luogo per collaborare alle operazioni di salvataggio.
Così, centinaia di volontari erano accorsi da tutta l’Australia, con mute da subacqueo, per sfidare le fredde acque oceaniche. Abbracciavano le balene nell’acqua bassa e le tenevano bagnate e dritte e permettergli di respirare. Un gruppo di scolari continuava a cuocere cibo e a servirlo caldo ai generosi amici impegnati nella frenetica lotta contro il tempo.
Le balene pesavano fino a 4 tonnellate ed erano lunghe fino a 4 –5 metri. Con macchinari pesanti sono state allontanate dalla riva e portate in mare aperto, fino a 10 miglia dalla costa. Il branco ha ripreso a nuotare compatto, c’è tuttavia il pericolo che si diriga di nuovo verso riva. Per evitare ciò, è stato chiesto ai residenti della zona di tenere sotto costante osservazione i suoi movimenti.
Gli spiaggiamenti di massa sono sempre più frequenti, ma gli scienziati ancora non riescono a spiegarne le ragioni. Moltissime le teorie: malattie ignote; procacciamento del cibo che porterebbe gli animali troppo vicino alla riva; un fortissimo legame che porta i cetacei a seguire il capo branco ovunque, anche a riva. Un’altra teoria accusa l’uomo e le sue tecnologie che avrebbero aumentato i suoni nella profondità dei mari disorientando i grandi cetacei e facendogli perdere l’orientamento.
Sempre in tema di balene, non altrettanto lieta è la notizia, diffusa il mese scorso, delle quattro baleniere giapponesi rientrate alla base nel porto di Shimonoseki, nel sud del Giappone, con a bordo 440 cetacei catturati nei mari dell’Antartide, a conclusione di un programma di cattura “per fini scientifici” svolto in deroga alla moratoria imposta dalla Commissione Baleniera Internazionale (Iwc). In realtà la ricerca scientifica è solo il mascheramento della caccia per fini commerciali, visto che la carne di balena catturata viene venduta nei negozi e servita nei ristoranti. Il governo giapponese si difende affermando che la caccia viene effettuata “per motivi legati alla cultura tradizionale e alla salvaguardia delle attività dei pescatori” e ha già reso noto che, ala prossima assemblea della Iwc, che si svolgerà questo mese in Corea del Sud, presenterà una proposta di ripresa del programma di caccia scientifica. Oltre al Giappone anche la Norvegia e la Russia chiedono la ripresa della caccia commerciale alle balene, la moratoria dell’Iwc ha comunque l’appoggio della maggioranza dei paesi membri.
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