Ulisse eroe negativo


ULISSE EROE NEGATIVO

Ma quale eroe astuto, ma quale coraggioso esploratore di nuove terre, Ulisse era un imbroglione, un donnaiolo, un vagabondo che abbandonava i figli. Un uomo che non costruiva niente di positivo, ma che solo sperperava i beni famigliari.

Il re di Itaca era il re degli inganni e la sua vita era intrecciata di passioni e tradimenti. Era un esempio negativo da non imitare e da non indicare ai ragazzi.

Era il degno discendente del nonno Autolico, un ladro spergiuro, che per rubare le greggi e le mandrie mutava il marchio delle bestie per farle apparire come sue, oppure grazie ad un potere concessogli da Ermete le trasformava da bianche in nere e viceversa a seconda della necessità. Ma il trucco non riuscì con le bestie di Sisifo, che appose un marchio nascosto sotto gli zoccoli degli animali e lo fece arrestare. Poi, ancora, per vendicarsi, sedusse sua figlia, Anticlea, che era già moglie di Laerte.

Così nacque Odisseo, non da Laerte, come si credeva, ma da una storia truffaldina della madre con Sisifo. Da quest’ultimo lui trasse l’astuzia, da Autolico la furfanteria.

Lui, l’eroe di Troia, l’ideatore del “Cavallo”, in realtà non voleva combattere. Per non partire finse di essere pazzo. Allorché andarono a prenderlo ad Itaca, si fece trovare sconvolto, malvestito e seminava sale sulla spiaggia. Insospettiti misero il piccolo Telemaco davanti all’aratro con cui fendeva le dune e allora Ulisse, miracolosamente rinsavito, si fermò per prendere il bimbo e allontanarlo dall’aratro. Capirono così che non era pazzo e che il suo era solo un espediente per non partire, esattamente come fanno i ragazzi di oggi che inventano le malattie per non partire militari.

Per non parlare poi delle sue avventure con le donne! Mentre la moglie Penelope lo aspettava trepidante a casa, egli viveva passioni travolgenti, amava donne bellissime, dalle quali si distaccava solo quando si stancava della monotonia.

Ulisse si fermò prima due anni all’isola Eea con la lussuriosa Circe, dalla quale ebbe due figli: Telegono e Cassifone.

In seguito si fermò all’isola Ogigia con la ninfa Calipso per sette anni, ed ebbe da lei atri due bimbi gemelli, Nausitoo e Nausinoo.

Infine, naufragò all’isola Scheria, dove incontrò Nausicaa, la figlia della regina dei Feaci. Le chiese dei vestiti e una nave e per impietosirla escogitò uno dei suoi astuti piani: non parlare delle sue donne e raccontare una selva di bugie. Disse di essere stato tenuto prigioniero all’isola Ogigia e di essere nato all’isola di Creta da un ricco principe e dalla sua schiava concubina.

Ulisse in realtà non è mai esistito. E’ esistito solo nelle fantasie dei marinai Greci di cui Omero ha raccolto le narrazioni. I Greci erano un popolo di marinai, pescatori e mercanti. Ogni navigatore, costretto ad assentarsi per lunghi periodi da casa, nutriva la dolce illusione di incontrare su un’isoletta dell’Egeo un’amante bellissima. Penelope era invece il prototipo della moglie ideale e fedele del marinaio.

Il popolo greco ha una mentalità tradizionale e patriarcale molto simile a quella degli Italici. Considera sacri i valori come la famiglia, il rispetto per la moglie e i figli, la fedeltà, anche se non disdegna l’avventura, le esplorazioni e gli atti di eroismo.

E nei racconti greci vige anche una sorta di morale, di punizione divina per il marinaio vagabondo che abbandona i propri figli. Tra le diverse versioni che circolano sulla morte di Ulisse, una tremenda dice che venne ucciso dal figlio Telegono, avuto da Circe. Telegono, ormai grande, partito alla ricerca del padre, giunse senza saperlo proprio ad Itaca e per sfamare l’equipaggio della sua nave iniziò a saccheggiare le campagne. Ulisse nel tentativo di difendere la sua terra, venne mortalmente ferito. La saga assume poi toni esagerati e grotteschi perché Telegono sposerà anche la matrigna Penelope.

Ulisse non è stato un buon padre di famiglia e non è stato nemmeno un buon amministratore dei bilanci familiari. Nacque già ricco, già Re, non costruì un impero con i suoi meriti. Al contrario, sperperò il suo patrimonio nell’acquisto di navi ed in esplorazioni.

Infine, dopo tanto peregrinare tornò ad Itaca e si riunì con Penelope. Restare o no? L’uomo abituato a vagabondare per i mari fremeva nella piccola isola. L’ansia dell’ignoto, il salmastro delle onde del mare e delle passioni logoravano il suo spirito.

Le parole di Ulisse erano sempre fluide, ben calcolate e convincenti, eppure nel suo dire lampeggiavano schegge di menzogna. << Non mi piace l’idea di rimettermi in viaggio, eppure così mi ha predetto Tiresia. … Tornerò a casa… la morte in vecchiaia sarà dolce e mi verrà dal mare… >>

Così rispose Penelope, bella trentacinquenne: < Non dici mai ciò che credi né credi mai quel che dici. Le tue glorie e prodezze sono state possibili solo in rapporto alla meschinità del genere umano. Sei il degno discendente del principe dei ladri e degli imbroglioni. Anche me avesti con l’inganno. Sei condannato a sentirti vivo soltanto quando inganni, nei discorsi, nelle vesti e negli sguardi.>>

Ulisse capì allora che la moglie lo conosceva meglio di chiunque altro, e così soggiunse: < non sarò ricordato per la mia lealtà! Ad altre persone gli dei assegnarono questo destino. A me invece vollero donare un destino più umano, più basso forse ma anche più vero, quello dell’uomo multiforme, astuto e furbo, ingannatore, impostore e avventuriero. Sono e sarò famoso per sempre e in ogni luogo, perché, se io, come tu dici, sarò vivo finché ingannerò il prossimo, allora il mio spirito vivrà finché l’ultimo uomo vivrà. Perché l’uomo, fra le sue prerogative, ha anche quella dell’inganno e del sotterfugio, della menzogna, della lusinga e perfino della vigliaccheria.>>


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