LE COLONNE D’ERCOLE ERANO IN SICILIA?


“La rotta del sole”, lungo il 36° parallelo nord, copertina del libro di Frau. Si vede la “strettoia” tra Sicilia, Malta e Tunisia.

LE COLONNE D’ERCOLE ERANO IN SICILIA?

Le Colonne d’Ercole, cioè il limite invalicabile che nell’antica Grecia rappresentava la fine del mondo conosciuto, sono storicamente identificate in corrispondenza dello stretto di Gibilterra.
Secondo Sergio Frau, invece, erano molto più a est, all’interno del Mediterraneo, all’imboccatura del canale di Sicilia e tra quest’ultima e la costa della Tunisia .

Frau spiega le sue teorie nel libro “Le Colonne d’Ercole: un’inchiesta” (edizione Nur Neor, Roma 2002, 69 pagg, 30 euro), 43 capitoli, con illustrazioni, didascalie, fatti, opinioni e obiezioni.

Frau è un inviato di “Repubblica” e, come sul suo giornale, nel libro intervista noti studiosi e li invita a esporre il loro parere sui risultati dell’inchiesta. Per Sergio Donadoni, decano degli egittologi Italiani, Accademico dei Lincei, la strozzatura tra Sicila-Malta e Libia-Tunisia divide storicamente il Mediterraneo in due aree storicamente e geograficamente definite: “greca” e “fenicia”.
Questa strettoia, secondo Frau, rappresenta le “Colonne d’Ercole” e in tutto il libro tenta di dimostrarlo.

Intorno al 500 a.C., il canale di Sicilia era caratterizzato da fondali fangosi molto bassi e irregolari. Per i Greci e i navigatori del Mediteraneo orientale, lo stretto tra Sicilia e Tunisia era un luogo molto pericoloso e proibito, un cimitero di navi affondate. Lo stretto era gelosamente sorvegliato dagli abili navigatori Cartaginesi, i soli ad attraversarlo e a praticare traffici commerciali col ricco Mediterraneo occidentale, al punto che, quando erano inseguiti, preferivano sfasciare le navi contro gli scogli piuttosto che rivelare il passaggio.

“Colonne d’Ercole” compaiono per la prima volta negli antichi testi nel 476 A.C. , esattamente nel periodo in cui la punta della Sicila e quella della Tunisia sono controllate dai Cartaginesi. I Greci restarono chiusi tra il mar Egeo e il fangoso bacino delle Sirti per almeno due secoli, per tutto il periodo in cui i Cartaginesi detennero il monopolio dei commerci nel Mediterraneo Occidentale.

Le prove raccolte da Frau in favore della sua tesi sono tante. Scrive Aristotele: << Si dice che chi entra nel Mediterraneo attraverso le colonne d’Ercole, trova dalla parte destra due golfi che costituiscono le Sirti.>> Dunque se entrando nel Mediterraneo attraverso le Colonne d’Ercole si incontrano SUBITO le Sirti, allora le Colonne d’Ercole sono realmente in corrispondenza del canale di Sicilia e al centro del Mediterraneo, e non a Gibilterra.

Chi avrebbe allora posto le “Colonne d’Ercole” a Gibilterra? L’indiziato principale è Erastotene, gran bibliotecario di Alessandria, considerato il padre della geografia moderna. Egli disegnò una mappa con Gibilterra ad un estremo e determinò in quel modo “il limite del mondo conosciuto”.

ATLANTIDE ERA LA SARDEGNA?

Platone: "Davanti a quello stretto chiamato Colonne d’Eracle (Ercole in greco) c’era un’isola, e da quest’isola si raggiungevano le altre isole e il continente". Secondo Frau, l’isola di cui parla Platone è Atlantide (“Isola Sacra”) e corrisponde alla Sardegna di oggi. Atlantide è stata cercata a lungo nell’oceano Atlantico, solo perché le “Colonne d’Ercole” erano identificate con Gibilterra. Ma se le colonne fossero realmente in Sicilia, uscendone un tempo si incontrava Atlantide, oggi la Sardegna.

Frau espone molte coincidenze: Atlantide, come la Sardegna, aveva clima temperato e ventoso ed era eccezionalmente fertile. Ad Atlantide veniva venerato il dio del mare Poseidone e in suo onore venivano sacrificati dei tori. In Sardegna, il dio delle civiltà nuragiche è il Dio Toro che protegge le navi e gli equipaggi. Frau si sofferma a lungo sugli abitanti della Sardegna del periodo nuragico: sono abilissimi navigatori e ciò è dimostrato dalle numerose navicelle, riproduzioni votive, ritrovate. Un cataclisma si abbattè su Atlantide spazzando via città e templi, e la Sardegna, 3.000 anni fa, fu devastata da un terribile maremoto che avrebbe sommerso la pianura del Campidano, tra Cagliari e Oristano. Gli “Shardana” allora migrarono sulle sponde egizie con trireme cariche di buoi, carri, donne e bambini, ma vennero sterminati senza pietà dagli Egiziani.
Le similitudini continuano incessantemente, pagina dopo pagina. Una leggenda parla di una immensa città sommersa, nascosta al di sotto del golfo di Cagliari.

ULISSE FU IL PRIMO UOMO AD ATTRAVERSARE LE COLONNE D’ERCOLE.

Ulisse fu il primo uomo ad attraversare “le Colonne d’Ercole”, il limite invalicabile della terra conosciuta, considerato dagli antichi la fine del mondo abitato.

<< … venimmo a quella foce stretta
dov' Ercule segnò li suoi riguardi … >>

Ulisse è il simbolo quasi assoluto della sfida umana più coraggiosa al mare, spinto dalla sete di conoscenza e dalla voglia di scoprire nuovi mondi e densi di pericoli. Anticamente, con le barche a remi o a vela esistenti, non si passavano le Colonne d’Ercole, ma si veniva sempre ributtati nel Mediterraneo dalle correnti, dalle onde e dal vento. “Lì l’acqua ribolle, ci sono vortici, ci sono onde che si incrociano in tutte le direzioni, c’è sempre corrente contraria da ovest verso est e il vento o è levante o è ponente o non è niente e, quand’anche ci fosse, è spesso incrociato e instabile.”

Ercole, fu il primo a passarle, ma lui era un semidio fortissimo. Pose le celebri colonne a segnare la fine del mondo conosciuto e le titolò col proprio nome, Passò lo stretto nell’undicesima delle sue dodici fatiche per andare a rapire i pomi d’oro custoditi in una isola dell’Oceano Atlantico, guardata a vista da Atlanta.

Appena superate le colonne d’Ercole Ulisse fa al suo equipaggio un discorso, per convincerlo a continuare nell’impresa: "Fratelli, dopo tanti pericoli, nel poco tempo che ci rimane da vivere (tanto picciola vigilia), non vogliate che ci resti preclusa la possibilità di conoscere il mondo disabitato. Seguiamo il sole nel suo cammino. La vita non ci fu data perché fosse da noi consumata nell'inerzia, ma perché l'arricchissimo attraverso la validità delle nostre azioni e delle conoscenze da noi raggiunte".

< fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e conoscenza".>>

Dante da un lato ne ammira il coraggio il desiderio di conoscere; dall’altro denuncia la sua presunzione e, nella Divina Commedia farà naufragare la sua nave di fronte alla montagna del Purgatorio, quale punizione divina.

"Cinque mesi dopo il passaggio attraverso lo stretto di Gibilterra una montagna altissima si mostrò all'orizzonte. Da questa ebbe origine un turbine; la nave girò tre volte nel vortice delle onde, poi si inabissò; il mare si chiuse sopra di essa.”


Precedente

Archivio

L'ultima

Prossima